La mia fine si avvicina, scrivo queste righe nella speranza che un giorno, leggendole, la nuova umanità possa evitare i nostri errori. I miei errori. Sì, perché quello che sta succedendo è in gran parte colpa mia.
Non c’è il tempo per biografie, vi basti sapere che ero un ricercatore chimico in un’importante azienda farmaceutica. Lavoravamo, notte e giorno, ad uno speciale farmaco in grado di rigenerare le cellule, di impedire l’invecchiamento, una miniera d’oro, ci avrebbero pagato miliardi, attrici, cantanti, chiunque. Altro che chirurgia estetica...
Eccoli, stanno arrivando, sono già al piano di sotto. Le poche difese che ho approntato saranno in grado di reggere solo pochi minuti…
Miliardi, e già ci vedevamo in un mondo nuovo, un mondo che si sarebbe gettato alle spalle il vecchio, le sue tensioni, i suoi conflitti, le sue ansie. Credevamo, poveri coglioni, povero coglione io, che garantire una vita lunghissima e priva o quasi di sofferenze avrebbe reso il mondo migliore...
Stanno cercando di abbattere le difese, tra poco saranno sulle scale…
Alla fine fu trovata una molecola, la testammo in vitro e in laboratorio. I risultati erano promettenti. L’età media delle cavie quasi raddoppiava. Non solo, le cellule rigenerate erano in grado di aggredire i tessuti tumorali e ripristinare l’originaria funzionalità. Erano in grado di riparare cuori infartuati, midolli ossei. Se un uomo non fosse perito in incidente d’aereo o cose del genere avrebbe potuto campare secoli, rimanendo sempre giovane e bello. Il mondo dei giovani, era questo che volevamo, nuove generazioni padroni del futuro che potessero guardare il mondo nei secoli a venire e orientarlo al meglio. Manca poco, la devo fare breve. La molecola funzionava, ma funzionava troppo. Fui io ad accorgermene. Una nostra cavia di controllo, una di quelle a cui non somministravamo il farmaco, per poterle confrontare con le altre sottoposte a trattamento, morì. Per un’intuizione, per scherzo, che ne so?, ebbi la sciagurata idea di somministrarle il farmaco. Tornò a vivere, ma il cuore non batteva.
Non posso raccontarvi lo shock, ma dopo essermi ripreso rimisi la cavia in gabbia con le altre (forse nel tentativo di nascondere quello che avevo combinato, o forse per prendere tempo). Altro errore. Il giorno dopo, anche se sembrava tutto normale, anche le altre due cavie in gabbia si muovevano col cuore fermo. Stupidamente non diedi subito l’allarme, e mentre ero nel mio studio a pensare come dare la notizia, successe l’irreparabile: un inserviente aprì la gabbia per dar da mangiare alle cavie e fu morso.
Il resto lo sapete. L’epidemia si trasmise in poche settimane in ogni angolo della Terra. Forse in Amazzonia, e nelle foreste del Congo c’è qualche tribù immune. Speriamo, è per loro, per i loro discendenti che scrivo queste righe, se mai verranno qui.
Ma poi accadde il peggio. Antichi scheletri inumati chissà dove ripresero vita, pelle e organi. Rovesciando le loro stesse lapidi si unirono agli altri. Alcuni presero il comando, guidando truppe disorganizzate di zombie…
Ecco, sono sulle scale, mi resta poco.
Governo di giovani? Nuovo mondo? Belli per sempre? Che deficienti…. Sono alla porta, tra poco l’abbatteranno. Conosco questo gruppo, è il più furbo, è Andreotti, o, almeno, il suo zombie, che li guida ed Evangelisti è sempre con lui. Prima hanno puntato a Campidoglio e Montecitorio, poi ai ministeri e, infine, dopo aver distrutto i centri di comando hanno cominciato la pulizia di fino, raccogliendo nei cimiteri resti di delinquenti di ere passate, fascisti, banditi, Magliana. E ora sono qui. Abbiamo provato ad abbatterli, a distruggerli ma non c’è niente da fare, risorgono sempre, sempre, e ritornano a divorare i vivi. La porta sta cedendo, non c’è più niente da fare. Addio…
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