sabato 26 maggio 2012

Non aprire quella finestra

«Non aprire le finestre. Per piacere.».
«Ma è tardi, ormai sono le sette e mezza. La sveglia ha suonato già da un quarto d’ora. ».
«Non ho sentito nulla, è ancora buio.».
«E’ buio perché ieri sera hai sigillato le tapparelle. Fuori è già giorno».
«Non c’è nessun giorno là fuori. E’ ancora notte fonda».
Silenzio preoccupato.
«Ma stai bene?».
«Benissimo. Ma ora riprendiamo a dormire, dai, la notte è ancora lunga e ho sonno. Tanto sonno.».
«La notte non è lunga, è finita, è un nuovo giorno. Guarda la sveglia.».
«Buona notte».
«Ma io non ho sonno.».
«Ah, soffri di insonnia? E da quando? Buona notte. Puoi leggere, se vuoi, non mi dai fastidio.».
«Ma io non voglio leggere, è ora di colazione.».
«Uno spuntino di mezzanotte, vuoi dire. Buon appetito. Io no, comunque, non ho fame.».
Silenzio.
«Stai, scherzando, vero?».
«Io? Scherzando? No, assolutamente. E ora lasciami dormire, dai.».
«Stiamo facendo tardi, questa storia è durata fin troppo.».
«Non alzare le tapparelle, per piacere».
«Hai paura della luce? Sei forse diventato un vampiro?».
«No, niente vampiri. Vedi? I canini sono normali. Puoi provare con l’aglio, se non ci credi. Buonanotte».
«Piantala, dai. E’ ora di andare al lavoro, devi parlare con quello del Personale.».
«No, non ancora. Ho appuntamento domani.».
«Ma domani è … adesso».
«Non ancora, è ancora notte.».
«Sei stato convocato, è un colloquio importante…».
«Tanto lo so già cosa mi dirà: mi consegnerà la lettera della cassa integrazione. Domani. Ci penserò domani.».
«Vuoi che chiami il dottore?».
«Perché? Non stai bene? E’ per l’insonnia?».
«Io non soffro di insonnia.».
«Non si direbbe. Hai pure fame.».
«Sto benissimo, io.».
«Mi fa piacere. Ma ora lasciami dormire, per favore.».
«Non fare lo sciocco, ci sono mille cose da fare. Devi anche passare in banca.».
«Non credo che siano aperte di notte, a quest’ora ci sono solo i bancomat.».
«Lo so che non devi prelevare, devi parlare col Direttore, per quelle rate che scadono oggi.».
«Non scadono oggi, scadranno domani.».
«Come preferisci. Ma devi andarci a parlare. Se non le paghiamo rischiamo di perdere la casa.».
«Oh sì, c’è l’ipoteca.».
«Appunto, bisogna vedere se è possibile rinegoziare il mutuo.».
«Sarà difficile.»
«Proprio per questo devi andarci.».
«Non me lo farà rinegoziare, lo so già.».
«Comunque devi provarci, è l’unica cosa che possiamo fare.».
«Sappiamo tutti e due che non servirà. Ma domani ci andrò lo stesso...».
E cadde addormentato. Respiro profondo, quasi un russare.
«Dai, devi arrivare presto al lavoro se vuoi uscire prima per passare in banca. E’ ora di alzarsi. Forza, finiamola con questa commedia. Comincio ad andare in bagno io. Tu ronfa pure per altri dieci minuti, se vuoi.».
Coperte rialzate, passi scalzi sul pavimento. Acqua nel lavandino. E poi un rumore di carta, un frugare nel cestino. Silenzio.
La porta del bagno che si riapre violentemente.
«Ma quante ne hai prese?». Corsa verso il letto. Il respiro sempre più profondo, cupo. Di corsa, ancora, verso il telefono. Tre tasti, tre tasti soli pigiati con affanno «Un’ambulanza! Presto! Un’ambulanza!».

Leggi tutto

martedì 1 maggio 2012

Come volevasi dimostrare

«Ne è sicuro, Presidente?».
«Sì, la soluzione per uscire dalla crisi è il teorema di Morganstaller Kreutzmann, con un parametro pari a 2,78».
«2,78?».
«Abbiamo rielaborato i dati ancora oggi pomeriggio, abbiamo impiegato computer particolarmente potenti».
Il Presidente diede tempo ai Ministri seduti attorno al grande tavolo da riunioni di assimilare la notizia e, dopo aver loro rivolto uno sguardo, «Allora siamo d’accordo?».
Ci furono muti cenni di assenso.
«Bene, variamo la manovra».
Premette un pulsante alla sua destra e sugli schermi cominciarono a rincorrersi pagine che annunciavano le variazioni appena apportate: tassi di interesse che diminuivano, pensioni che calavano e si allungavano, salari e tredicesime che dimagrivano.
Il deficit calava, l’Europa approvava. La Borsa saliva dello 0,12%.
Sorrisero.
Dal frigo bar furono estratte due bottiglie di Prosecco, con bicchieri di comune vetro. Brindarono, con sobrietà.
Poi cominciarono ad apparire le ultime notizie d’agenzia. Una pensionata, a causa della testé approvata manovra si era vista ridurre l’assegno e si era buttata sotto il treno della metropolitana mentre quattro fabbriche, sette imprese commerciali, sei cantieri edili e nove agenzie d’assicurazioni chiudevano simultaneamente nella provincia di Ragusa. I lavoratori licenziati cominciarono a bloccare la statale.
Al vedere quelle notizie un grande Ministro lasciò il bicchiere e il Prosecco, riavvitò la stilografica (Montblanc, ovviamente), la infilò nel taschino, ripose le sue carte nella borsa di pelle pregiata, disse «Mi dissocio dalla manovra», si alzò e uscì dal Consiglio.
L’Europa cominciò a nutrire dubbi.
Le Borse cominciarono a nutrire forti dubbi.
Un industriale brianzolo strozzato dai debiti, nel frattempo, fece harakiri con un coltello da macellaio nella piazza centrale della sua cittadina spargendo sangue a fiotti sul selciato. In base ad un corollario del teorema di Morganstaller Kreutzmann la vedova si vide recapitare una tassa sullo smaltimento di rifiuti organici maggiorata del 24,3% a causa degli oneri straordinari sopraggiunti.
Due altri ministri, a questo punto, si dissociarono.
L’Europa criticava.
La Borsa perdeva.
Un depravato, che però era stato anche lui Presidente, dichiarò che ai suoi tempi tutto questo non succedeva.
Sugli schermi scorrevano immagini di manifestazioni.
«Potete alzare l’audio? - chiese il Presidente a coloro che erano vicino allo schermo – non sento bene.».
«Presidente, forse sarebbe il caso di abbassarlo».
Le grida, infatti, provenivano dalla piazza. Ed erano via via più alte e distinte.
Si alzarono, andarono vicino alle finestre. Non si riusciva a capire granché: fumo, confusione, qualche fiamma qua e là.
«Sono quelli dei forconi?».
«A dir la verità vedo pure asce, picconi, mazze ferrate. Anche qualche mattarello, laggiù sulla destra.»
Un inserviente ritirò le bottiglie di Prosecco e se le portò di là, per finirle più tardi in santa pace.
«Sapete – il Presidente parlò dopo un lungo silenzio – comincio a pensare che forse abbiamo commesso qualche errore».
«Lei crede, Presidente?».
«Sono del parere che forse dovevamo considerare un parametro non inferiore a 3,07».
Leggi tutto