Narran le chronicae come qualmente ‘l Beato Matteo iovane
ascendesse a la collina de lo Fiesole, et ivi stando e la cittade di Florentia
giuso rimirando, vide ch’ella cittade repleta era da vitii et dimoni et in cor
suo ripromisesi di mondarla d’onne peccata.
L’erta collina discendendo, capitolli d’imbattersi in
povero tapino, da molt’anni ormai di scrofola paziente, e ‘l Beato Matteo, le
mani imposte sul suo capo, tosto ‘l sanò. Et avvenne puro, dismesso ‘l
scrofoloso, che in passerotti, merli, cinciallegre, pettirossi et financo in uno
Albatros de le Galapagos s’imbattette e con ciascheduno d’essi uccelli
amenamente disquisì d’Aristotile et Platone non disdegnando l’economica
congiuntura. Repente la Fama di tali prodigi diffusesi nel contado e, saio
vestita, s’avanzò la Beata Maria Elena a implorar considerazione. L’ebbe, e
subitamente principiò quel pio Ordine delle Boschive, ch’ a riformar lo Mundo
cum implorazioni et decretazioni si votò. Nell’appressarsi a le mura di
Florentia, cospicua moltitudine s’approprinquò, le Porte aprendo e le chiavi
donando e primus super alios nomandolo.
Non giunto era anchora a la Signoria ch’ecco una voce di plurimo
cencioso alta levossi “Guai a te, anima prava”. Venia, il cencioso, d’oltre
Ponte Vecchio, anima assatanata, che il mondo in genere, e il capitalismo in
specie avea in gran dispitto. Erat elli da li sette demoni de lo socialismo
posseduto sì da bestemmiar le presenti cose
et le sorti magnifiche e progressive. Avea in juventude la rossa
bandiera levata e di rivoluzion fantasticato ma, a tarda età ormai giunto,
raminghi gl’ideali, s’accostumava a trascorrer breve vecchiezza maledicendo li
maggior sui ch’a sperar lo crebbero. Bestemmiava l’ordine e ‘l sistema ma,
deficitando l’uno et l’altro di presenziare, s’appagava nel contumeliar
ciascheduno che incautamente transitasse per sua via. Da lungi dismesse le
speranze di mutar del mondo ‘l destino, non s’era del tutto placato ‘l desio di
mutar lo destino suo. Che, siccome insegnaci Eraclito, a inseguir vani ideali
sovente s’abrinunzia a concreti guadagni. Era poi l’Eraclito? O forse trattavasi
del Briatore, l’illustre pensatore coevo del Beato?
Come che sia, capitovvi in sui passi ‘l Beato Matteo lo
quale, pur riprovato e contumeliato siccome costumanza, s’appressò al posseduto
e mirandolo in angustie domandolli s’elli di minestra abbisognasse. E ‘l
satanasse, mal intendendo “Ministero dici?” “Oh no, intendea minestra”. Al che
l’ossesso, rassettandosi “Sia Ministra, se tal dee esser, acconcerommi
all’uopo”. E ‘l Beato, levati gl’occhi al Cielo “Minestra, dicea, ma cosa fia
una vocale dianzi all’avvenir?”. E fu questa la prima conversion che l’aurea
historia ci tramanda de le molti e molti che seguiron nelli tempi avvenire.
Dopo picciol tempo, sanata e mondata et in fide mani
lasciata Florentia, s’incamminaron su la
Francigena che mena a Roma per la Toscana. Et ivi giunti l’ossesso di minestre
si saziò e ‘l Beato Matteo miracol mostrò, a principiar da la moltiplicazion de
le mercedi con la trasmutazion del nulla in octaginta euri e della mirifica
apparizion d’un bastimento inabissato nel porto di Genua.
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