«Certo, certo, non dobbiamo perdere il treno. A che ora arriva a Milano?»
«Nel pomeriggio, verso le tre.»
«Bene. Sarà una giornata importante per la storia della sinistra.»
Si accomodò quindi nella poltrona a lui riservata, posò la pesante e voluminosa mazzetta di giornali sul vuoto sedile accanto al suo, inforcò gli occhiali da lettura, sfilò Rinascita e si accinse a riprendere una fondamentale analisi sui conflitti di classe nell’India nord orientale, progredì di otto o nove righe rispetto all’ultima lettura, dodici righe, della sera precedente, ripose la Rinascita nella mazzetta, sfilò la Settimana Enigmistica, prese la penna dal taschino e puntò ai solutori più che abili.
Assorto nel cruciverba non fece caso alle fermate successive, ma proprio quando, in orizzontale, si chiedeva di un Comune del cosentino (Amantea, per i curiosi) si sovvenne della geografia italiana e dell’insolita presenza di Campello sul Clitunno lungo la linea Roma Milano.
Infatti: stava viaggiando sulla Roma Falconara.
Frenetico conciliabolo con il capotreno, tra gli sguardi interessati degli altri viaggiatori che, in epoca precedente a tablet e portatili, avevano trovato qualcosa per combattere la noia e, alla fine, si determina di arrivare a Falconara e da lì prendere il Bari Milano. Ritardo totale: tre ore o poco più.
Raggiunta Falconara, da una cabina a gettone avvisò i compagni di Milano. Appuntamento con la storia alle sette, e non più alle quattro.
Attese il treno camminando nervosamente su e giù per la banchina quando, finalmente, arrivò. Ancora una comoda poltrona, altre tre righe di conflitti di classe in India e lesto ritorno alla Settimana Enigmistica.
Fu dopo un paio d’ore, superata agevolmente una mezza dozzina di verticali agguerriti, che si rese conto non solo della bellezza del mare (l’aveva notato quasi subito), non solo di quanto fosse calmo e azzurro (anche questo già precedentemente apprezzato) ma, anche, di come si trovasse tragicamente a sinistra .
«Ma è il treno di Milano, questo, vero?» chiese con un filo di voce ad un compagno di scompartimento.
«Certo…».
«Ah, meno male…».
«… è il treno partito da Milano alle undici e che arriverà a Bari tra un paio d’ore».
Frenetica ricerca del capotreno, concisa, ma esauriente, esposizione delle ragioni della storia, si perviene all’idea di non aspettare il Bari Milano di ritorno ma, piuttosto, salire su un Bari Napoli che arriverebbe a Napoli Centrale in tempo per un vagon letto che, verso le dieci della mattina dopo, giungerebbe a Milano Centrale.
Sceso fremente a Bari, cambiò duemila lire in gettoni e avvisò Milano. Alle dieci della mattina, sicuro. Appuntamento, svolta storica, giornata cruciale.
Nemmeno il tempo di una sfogliatella a Napoli e salì sul vagon letto. Stanco e distrutto si distese sullo scomodo letto e sprofondò in un sonno pesante.
Ma gli eventi della giornata l’avevano segnato tant’è che gli sembrò di rivivere le ore appena passate e, in particolare, quell’orizzontale che non quadrava. Gli pareva, nel sogno, che una voce evocasse “Amantea, Amantea” per poi disperdersi nel nulla.
Al risveglio, calcolò che doveva trovarsi nei pressi di Piacenza. Si stupì un poco, quindi, nell’alzare la tendina e vedere il mare, dai più considerato elemento non peculiare del paesaggio padano. Per qualche momento lottò per convincersi che trattavasi del Po che, in effetti, a Piacenza è bello largo. Ma quando vide, sullo sfondo, una petroliera, si arrese.
Ormai rassegnato, non si stupì oltremodo quando, arrivato il treno in stazione, sentì annunciare “Lamezia Terme, cambio con Catanzaro Sala”.
Altri gettoni, ma, a Milano, le cose erano mutate. In peggio. Delusi e disillusi i compagni avevano ridato le tessere giurando di dedicarsi ad altre attività. Il giardinaggio, l’acquariofilia e l’enogastronomia tra le preferite. Anche un po’ di sesso fetish.
Arrivò a Roma in serata. Nessuno ad attenderlo, la giornata storica per la sinistra era trascorsa.
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