domenica 2 maggio 2010

Scorie / Le cronache del tempo che verrà

Era in ospedale, questo l’aveva capito. Nel corso delle ultime ore (o erano giorni?), nei brevi periodi desti di un lungo dormiveglia se n’era reso conto: l’ambiente asettico, i camici bianchi chini su di lui, il lento sgocciolo delle sacche di medicinali in soluzione. Era in ospedale, ma non ricordava perché fosse lì. Ancora sonnolenza, ancora le palpebre che si chiudono artificialmente.
Poi, dopo un periodo che non poteva misurare, un risveglio meno effimero, la stessa stanza, ma qualcuno accanto. Uno sconosciuto, non la moglie o uno dei sui cari, un uomo che vestiva abiti formali ma che si capiva fosse più a suo agio in mimetica.
«Ben svegliato», lo salutò lo sconosciuto.
«Do… dove sono?».
«In una clinica privata. Ha subito qualche intervento, ma le assicuro che non è nulla di grave. Presto uscirà da qui in forma come prima. Ha idea del perché si trovi qui?».
Alla memoria, allora, ritornarono, vivide, le immagini prima dimenticate. Il deposito di scorie radioattive, di cui era uno dei custodi, notte, l’allarme che squilla, un’effrazione?, la corsa all’armeria e poi al settore Nord, dei lampi, degli spari e… e cosa? Nulla, nulla più. L’ospedale, lo sconosciuto…
«Ricordo un allarme, al deposito…».
«Bene. E’ meglio che non ricordi altro, anzi, che dimentichi anche questo.».
«Ma lei chi è?».
«A lei è lecito domandare, a me non è concesso rispondere».
«Ma cosa volete da me?».
«Vogliamo che dimentichi.» e nel dirlo si alzò e si diresse verso la porta.
«Ma poi, l’effrazione… Ha avuto luogo? Hanno rubato qualcosa?».
Lo sconosciuto, sul punto di uscire dalla stanza, voltò il capo, solo il capo «A lei è lecito domandare, a me non è concesso rispondere. Ma, e questo lo ricordi, a lei è lecito domandare solo a me. Non ponga queste domande a nessun altro, lo verremmo a sapere. E ci incontreremmo ancora, in quel caso. Per l’ultima volta.».

Passò del tempo, qualche mese, qualche anno, forse, e in una notte torrida d’estate, il vicecommissario sfogliava l’incartamento dell’assassina filippina mentre, in sottofondo, il canale news aggiornava le vuote stanze sugli ultimi avvenimenti. La fine della Guerra dei Distretti in Cina, una guerra che aveva provocato, secondo stime ufficiose, almeno dieci milioni di morti, l’inaugurazione di una nuova centrale nucleare sulla costa pugliese. L’Amministratore delegato della società elettrica rispondeva competente alle domande della giornalista, magnificava la potenza e l’assenza di significativi impatti ambientali…
«Commissario…». lo interruppe l’Agente
«Sono un Vice, sì?».
«Una chiamata, una signora vuole denunciare il marito che cerca di entrare in casa.».
«Il marito? Non lo fa entrare a casa sua?».
«E’una lunga storia, sostiene. La casa è sua, gliel’ha lasciata il padre… Il marito s’è rovinato in Borsa, non vuole farlo entrare perché non vuole che i suoi beni vengano presi dai creditori del marito, ha chiesto la separazione…».
«Ma chi è questa?».
«Ho il nome di là… Sara, Sara qualcosa…».
«Capito. Mandate qualcuno prima che sveglino il quartiere. Consigliate un albergo al marito e un avvocato per tutti e due domattina» e ritornò al suo fascicolo mentre l’Amministratore delegato ricordava come, grazie al nucleare, si fossero abbattute le emissioni di CO2,che ormai superava i 500ppm, e ricordava come non si fosse verificato un solo incidente negli ultimi 30 anni, almeno dal 2020. Il nucleare faceva bene all’ambiente, e dato che le energie alternative si erano tutte risolte in una bolla di sapone, rimaneva anche l’unica. Ma allora perché gli ambientalisti erano contro? chiedeva l’intervistatrice. E qui l’Amministratore sorrideva, e suggeriva come le lobbies del petrolio fossero potenti, e potessero manipolare…
«Commissario..» questa volta l’Agente era trafelato, e preoccupato.
«Vice, sì?»
«Piazza Colonna. Kamikaze imbottito di esplosivo.»
«Ancora? Chiama i cecchini, gli artificieri, andiamo… Fate sgombrare, intanto, cordoni…»
«Commissario… Vice… Non ha solo esplosivo. Dice che è pieno di materiale radioattivo.»

Era in mezzo alla piazza, seduto alla base della Colonna. Stringeva un pulsante tra le mani, qualcosa collegato al detonatore, per provocare un’esplosione qualora un cecchino l’avesse ucciso. Gridava di allontanarsi, di allontanarsi tutti, almeno di 50 metri, gridava che mancavano cinque minuti, poi sarebbe esploso.
«Che dicono i contatori?» – chiese il vice commissario ad un camice bianco.
«Non rilevano radioattività».
« Sarà un bluff?».
«Non ci giurerei, Commissario – non fu ricordato che era solo un vice, non era il momento – Vomita, diarrea. Sintomi di malattia da radiazioni.».
«Ma chi è?».
«Stiamo controllando le foto in archivio».
Il sito delle news aveva intanto trovato qualcosa di più eccitante di una pace in Cina e la notizia del kamikaze radioattivo aveva monopolizzato la rete.
«Maschere» ordinò il Commissario e tutti gli agenti le calarono sul volto.
«Trovato! –era l’Agente che consultava l’archivio – Paretti, Giorgio Paretti. Anarchici combattenti. ».
«Che altro?».
«Vari arresti, ma niente di veramente grave. Sparito dalla scena nell’ultimo anno… Aspetti, c’è un file sanitario».
Frattanto, da un sito era sparita la giornalista e, al suo posto, era comparso un cappuccio nero da cui spuntavano due occhi febbrili ed eccitati. Un anarchico combattente, diceva. Leggeva un comunicato, si erano intrusi nel sito delle news. Lotta al sistema. Annunciava l’esplosione entro pochi minuti. Se ci si teneva lontani nessuno si sarebbe fatto male, l’esplosivo era in quantità modesta. Ma le scorie radioattive avrebbero reso invivibili isolati interi di centro città per anni. O, almeno, vivibili solo con le maschere. Le attività economiche e politiche ne avrebbero ricevuto un danno irreparabile. E si vedeva, attraverso le strette fessure del cappuccio, che i suoi occhi erano veramente divertiti e compiaciuti.
«Cancro, Commissario. Nell’ultimo anno è entrato e uscito dal Policlinico. Stomaco, molto avanzato».
Vomitava, ai suoi piedi una chiazza scura. Tremava, volto emaciato, sguardo febbrile. Sudava nello sforzo di tenere premuto il pulsante del detonatore. E guardava l’orologio.
«E’ un bluff – ribadì il vicecommissario – non è malattia da radiazioni. E’ un poveraccio condannato comunque a morire»
Un minuto, ribadì il cappuccio nero.
Allontanarsi! Di più! Maschere!
I teleobiettivi dei siti news erano puntati sul kamikaze anarchico. Scandiva i secondi, quaranta, trentacinque, il suo capodanno, l’inizio di una nuova storia, la fine della sua storia. Tre, due, uno, e un’esplosione sparse per la piazza carne e sangue e vomito e merda e imbrattò la colonna Antonina, e mai i massacri dei germani, lì rappresentati, erano sembrati più realistici e vivi.
E una nuvoletta si sollevò allora, bianca e leggera, una nevicata estiva che non scendeva dal cielo, ma saliva da un cadavere, o da ciò che ne era rimasto.
«Maschere! – gridò ancora il vicecommissario – Contatori! Rilevatori!».
«Niente radioattività, commissario, niente!».
«E quella polvere?».
Un camice bianco s’era avvicinato, aveva raccolto dei fiocchi. «Sembra talco, Commissario».
«Talco?».
«Sì, Commissario! Il kamikaze era imbottito di borotalco!».
Una risata catartica si propagò allora come un’onda tra gli agenti dei cordoni, partendo da quelli più vicini e arrivando, mano a mano che il passa parola portava la notizia, ai più lontani. Così che, mentre i primi già si rallegravano, gli ultimi erano ancora preoccupati e timorosi e quando questi, infine, cominciarono a ridere, i primi s’erano già levati le maschere e si davano pacche l’un l’altro e sghignazzavano, e barcollavano in precario equilibrio per le risate e per il viscido del sangue sull’asfalto. Qualcuno alla fine lo perse, l’equilibrio, e, senza che gli schiamazzi, ancora più sguaiati, cessassero, cadde sulle umane scorie festeggiando lo scampato pericolo.
Il Vicecommissario annunciò la buona novella ai giornalisti oltre i cordoni. Bluff! ripeteva, era un bluff! Talco, Borotalco!
«Missione compiuta », annunciò nel frattempo il cappuccio nero.
Non è vero! Non è vero niente! Si sbracciava il vicecommissario. Era borotalco! Solo borotalco.
«Missione compiuta – ribadì – A Milano. Quello di Roma era solo un diversivo» e la sua immagine sparì, e ritornò il canale news. Scorrevano in basso le ultime notizie di agenzia: “Esplosione a Milano, via Vittor Pisani, deserta, per l’ora. Non si segnalano feriti. Da prime indiscrezioni si registrano elevati livelli di radioattività.”

Pubblicato su
gli Italiani
Numero 77 di Ucuntu

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