giovedì 25 febbraio 2010

Formazione manageriale

«No, così non va. Proprio non va» e scuoteva il capo, a ribadire un implacabile giudizio. Si avvicinò all’omone e lo scrutò girandoci attorno per cogliere ogni particolare, ogni dettaglio. L’omone, impacciato e goffo, stretto in una giacca di pesante lana scura che lasciava intravvedere un’antica e rurale camicia di flanella scozzese, era in piedi, le gambe gravate da un peso eccessivo, al centro di un salone arredato con gelida e attuale sobrietà. Ampie vetrate che davano, dall’alto, su una città moderna, divani lunghi e scuri, acciaio tanto, legno laccato, quadri astratti, libri scarsi. Del resto, a cosa servono i libri nell’era della tecnologia? A poco: gli schermi, quelli sono necessari, e ce n’erano, svariati. Lunghi e piatti, incastonati alle pareti o sospesi, quasi galleggianti, sui ripiani. L’ implacabile padrone di casa era impeccabile nel suo elegante abito grigio scuro firmato. Firmato da chi? Da qualcuno, qualcuno che costa. Ma era lui, l’omone, il protagonista, con la sua camicia di flanella antica e le sue scarpone, un reduce di lontani tempi terragni fangosi e polverosi.
«No – riprese l’impeccabile – proprio non va. Dovrà cambiare il suo guardaroba: questi non sono vestiti da manager. E poi – picchiettò col dorso della mano l’adipe dell’omone, adipe gravido di panelle e friselle e mozzarelle – sarà necessario perdere qualche chilo. Molti chili. Prego, s’accomodi» e gli indicò una poltrona di pelle nera dall’erto schienale al cospetto della vasta scrivania.
L’omone si sprofondò e l’elegante, preso possesso della sua poltrona ancora più erta, aprì un quadernino mentre sfilava dal taschino la sua Mont Blanc.
«Vediamo – cominciò – In quale settore opera?».
«Ma io veramente non sugnu dutturi» si difese l’omone.
«Settore di attività – spiegò pazientemente - Lei di cosa si occupa? Che lavoro svolge?».
Impacciato e vago, l’omone cominciò con la destra a tracciare immaginari cerchi sulla scrivania nero laccata. «Io veramente m’arrangio. Cose, insomma… Una cosa qua, una là».
«Per esempio?».
«Negozi, mercati…».
«Ah, lei quindi è nel retail?».
«Dove sugnu io?».
«Nel retail, nel commercio, come si dice in italiano. Lei conosce l’inglese?».
«Ho dei parenti, a Nuova York. Mi ci hanno mandato qualche anno fa, per un servizio.».
«Però non lo padroneggia – scrisse un appunto sul quadernino – Dovremo prevedere un full intensive… E, mi dica, è nel food o nel non food? Nel clothing?».
«Eh?».
«Le sue attività commerciali, operano nel campo alimentare o no? Nell’abbigliamento, forse?».
«Mah… quello che c’è. ».
«Various retail, quindi. Possiede molte attività commerciali?».
«Ma, io, veramente, ai commercianti tengo …».
«Lei quindi non opera direttamente nelle vendite?».
«No, no. Più sui venditori.».
«E, ai venditori, cosa propone? Servizi? Consulenze, consigli?».
«Ecco, sì, una cosa così.».
«Quindi lei è un Consultant, un Various Retail Consultant.».
«Ah sì?».
«Direi di sì, direi che questa è la sua attività.».
«Talìa… E io chissà cosa mi credevo…».
«E, senta, per un focus migliore, che tipo di servizi propone?».
«Ecco... Noi ci badiamo, ci diamo protezione…».
«Insurance, quindi. Assicurazioni. Contro incendi, furti, danneggiamenti?».
«Ecco, sì, noi assicuriamo. Assicuriamo che non ci saranno incendi.».
«Capisco. Opera per conto di varie compagnie oppure…».
«Ma che dite, Dottore! Solo per conto della mia famiglia!».
«Quindi lei non è un broker, si configura più come un agent?».
«Se lo dite voi, Dottore».
«Lei opera su scala nazionale?».
«Cioè?».
«Lei offre i suoi servizi in varie zone d’Italia oppure…».
«Ma cosa dite, Dottore! Nel mio quartiere, solo nel mio quartiere. Come è veriddio mai uscito dal mio quartiere, mai! Ma chi ce le dice a voi queste cose, Dottore?».
«Local oriented – appuntò - Quindi, Insurance Agent & Various Retail Consultant – scrisse ancora due righe sul quadernino – Credo che dovremo aggiungere un corso di Marketing Strategico – rifletté ad alta voce– E forse di Basic Economics… - riavvitò il cappuccio della Mont Blanc – E, senta, ci sono altri interessi, oltre quello commerciale, di cui si occupa?».
Ancora le mani a tracciare cerchi sulla scrivania. «Quarchi cosa. Cemento, case…».
«Quindi opera nelle costruzioni?».
«Puru distruzioni, quarchi volta ».
«Quindi Real Estate, un ampio ventaglio di servizi – svitò ancora la Mont Blanc e scrisse ancora un appuntino sul quadernino – Credo che per oggi, per questo primo incontro, possa essere sufficiente.».
Chiuse il quadernino e aprì un’agenda più ampia, una sorta di ricettario. Mentre scriveva, con grafia disordinata e frettolosa, quasi parlando tra sé «Allora, vediamo. Le scrivo l’indirizzo di una palestra e il nome di un personal trainer di mia fiducia: si rivolga a lui e lui penserà a tutto, anche a farle contattare un dietologo – alzò gli occhi un momento per fissare l’omone – E’ importante, mi raccomando. – ritornando al ricettario – Questo è l’indirizzo di un negozio di abbigliamento, ci penseranno loro. Qui, invece, l’indirizzo di una scuola di formazione, finanziata dalla Regione, ho segnato inglese e altri corsi professionali… Basic Economics, Marketing, per cominciare.».
Riavvitò definitivamente la Mont Blanc, strappò il foglio di carta e lo consegnò all’omone «La voglio rivedere tra tre mesi. E voglio vedere già dei cambiamenti. Cominciando dalla linea. Prego… No, non dalla porta da cui è entrato, da questa. Dà direttamente sul pianerottolo. Allora, mi raccomando: tra tre mesi voglio vedere un’altra persona… Buonasera».
Richiuse la porta dietro l’omone e riguadagnò austero la sua scrivania. Scrisse ancora qualche appunto, scosse ancora la testa, meditò qualche attimo con la stanghetta degli occhiali in bocca e premette un tasto del telefono che aveva a fianco. «Signorina, prego, faccia passare l’altro signore».
Si alzò per accoglierlo e, appena lo vide si rese conto che avrebbe dovuto lavorare più del solito, perché l’omone appena uscito, al confronto di questo, pareva un fine e colto Lord Mountbatten. Straripava nella sua camicia. Tra un bottone e l’altro si formavano ampie e dilatate ellissi che rivelavano una canottiera a costine il cui colore avrebbe di certo interessato un anatomopatologo. Si avvicinò all’uomo, piantato sulla soglia come un placido bove, ma con un’espressione meno astuta, scuotendo la testa.
«No, così non va. Dieta, - e saggiava il ventre – Abbigliamento – e passava la mano sulla giacca - Tutto da cambiare. E poi – infilando la mano in una tasca dei pantalonacci di velluto slargati, sformati – non può andare in giro col coltello a serramanico. Ancora sporco, per giunta, di sangue del capretto.».
«Dutturi, chiddu nun era nu crapettu, era nu cristianu.».




pubblicato sul nunero 68 di u cuntu http://www.ucuntu.org/ Leggi tutto

martedì 16 febbraio 2010

The Unsaid Letters (Le lettere non dette)

Smooth sailing today. The currents took me towards the rising sun, east. The sea was calm, only some slight and monotonous ripples moved me up and down. I stumbled upon a bunch of sardines. Or perhaps they were anchovies? Never been able to distinguish them well. I was wrapped like a cloud, a frantic fog. I watched them closely, quicksilver, thousands, and then, suddenly, they swam away. Perhaps a bigger fish chasing? Or a strange call, incomprehensible to me, had attracted them somewhere else? I do not know: I didn't see anything, no big fish, no chaser. They disappeared and I found myself again in the endless blue. Nothing to report.

The sea is a bit rougher today: now I see the ripples of waves. They rise slowly, ripple at the top, become white foam and then descend. And on and on, for miles and miles, to die on a beach they don't know, a continent whose name is unknown. Nothing else to report.


Yesterday's little ripples have become a storm. There is not only the white foam on the top; everything is white, everywhere. The angry sea roars under a sky struck by dark rumbling thunders that give life to agile and fast lightning. And, as shaken by many hands, disorderly and chaotic, from right and left, the waves run towards each other, meet, collide, break and shatter into a myriad of projections. Water breaks the water, and the fragments are still falling into the water and become waves that grow, rise, break again and reform growing water again, breaking again until the storm ceases.

The sea has slowly become quiet. After two days the sky is as blue as the water again. Just a few little white clouds over there break the blue. I should not be very far from the coast: I see many different things around me. An olive branch, for example. Snapped because of the storm here, and there the wind uprooted branches that the rain brought down, down, sliding until the creek, and then through the torrent into the river, more calmly and with more strength, without boulders that impeded its movement, without loops in which it could get stuck, my branch was eventually led into the sea, and came here, near me. From the glass of the bottle, my house, I saw it move and almost touch me. I was almost wrapped up in its leaden, thick and tough leaves, which had resisted the seas and the years.

Look... next to me, not far from the olive branch, another bottle: the current has brought us closer. Amazed and astonished, I stared at her for a long time. She was there, gazing over the mist that fogged her and when it was cleared, she greeted me and smiled. I waved at her with my hand and she waved back, and a warmth I had long forgotten caressed and embraced me. So I greeted a second and a third time, and I think I looked like a puppet to the seagull flying above us in search of something alive to eat. And she, in response, began to greet me, made signs, but I did not understand what she wanted to say, except that she wanted to communicate with me. But how? We smiled at each other and she began showing me how to make an A. And so I made for her a B. She nodded vigorously, her face intent, corrugated and thoughtful, and showed me a C. I did not realize it at first, but then, thinking about it, I understood. I moved my hands again and, as far as the narrow space of the bottle allowed me, I suggested a D. It was not easy, perhaps she had another idea of a D in mind, but in the end we managed to understand each other. We both placed our hands on the glass. We could not touch, but I felt her close, as if the bottles did not exist, as if they were no longer a barrier. And then she started with an E, but that letter was not easy. I tried to understand what she meant, but every time I seemed to have grasped the meaning, it escaped me. Is it so? - I gesticulated - or rather in that way? And she nodded or denied at all my attempts, trying to get me to grasp the meaning of that letter. I thought I had finally, if not understood, at least grasped the meaning of her words. Then the sea swelled. The foam came back, delicate at first, almost a wreath on the waves, then more powerful, eating the blue. More waves formed, shy at first, then bigger and bigger until they became high, very high. And I was tossed again to and fro, up and down.

The storm has ceased. The endless blue is back, only a few white clouds in the sky. The water is calming down, but I can't see the olive branch, and the other bottle has been dragged elsewhere by her currents.

Smooth sailing today. My currents are carrying me into the setting sun, into the west. I look around and I try to spot her, leaning as I can, but I just can't see her. I don't think I understood the E, and I don't think I ever will. Nothing else to report.




Italian



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lunedì 15 febbraio 2010

Le lettere non dette

Navigazione tranquilla, oggi. Le correnti mi hanno portato verso il sole che sorge, verso est. Il mare era calmo, solo qualche lieve e monotona ondulazione mi levava e mi abbassava. Sono incappato in un branco di sardine. O forse erano acciughe? Mai riuscito a distinguerle bene. Mi hanno avvolto come una nuvola, una frenetica nebbia. Le ho guardate da vicino, argento vivo, a migliaia; poi, ad un tratto, sono scappate via. Forse un pesce più grande le inseguiva? O un richiamo a me incomprensibile le ha attirate altrove? Non so: non ho visto nulla, nessun pesce grande, nessun inseguitore. Sono sparite e mi sono ritrovato di nuovo nel blu senza fine. Nient’altro da segnalare.

Il mare è un po’ più mosso, oggi: vedo le increspature delle onde. Salgono lentamente, in cima si increspano, diventano schiuma bianca e poi ridiscendono. E ancora e ancora, per chilometri e chilometri, per arrivare a morire su una spiaggia che non conoscono, di un continente di cui ignorano il nome. Nient’altro da segnalare.

Le piccole onde di ieri sono diventate burrasca. Non c’è solo la spuma bianca in cima; tutto è bianco, ovunque. Il mare ruggisce arrabbiato sotto un cielo percosso da cupi tuoni rimbombanti che partoriscono agili e veloci saette. E, come scosse da molte mani, disordinate e caotiche, da dritta e da mancina, le onde corrono l’una verso l’altra, si incontrano, si scontrano, si rompono e si frantumano in una miriade di spruzzi. Acqua che rompe l’acqua, e i frammenti cadono ancora nell’acqua e si fanno onde che crescono, montano, si rompono ancora e riformano acqua che ancora cresce e ancora si rompe sino a che la tempesta non cessa.

Lentamente s’è acquietato il mare. Passati due giorni il cielo è tornato blu come l’acqua. Solo qualche nuvoletta, laggiù, rompe di bianco l’azzurro. Non dovevo essere molto lontano dalla costa: vedo tante cose diverse attorno a me. Un ramo d’ulivo, per esempio. Caduto per colpa del temporale che qui ha generato la tempesta e lì, per il vento, ha sradicato rami che poi la pioggia ha fatto scivolare giù giù, sino al ruscello. E questo, poi, aprendosi nel torrente ha fatto scendere il mio ramo sino al fiume che, con più calma e forza, senza massi che lo intralciassero, senza anse nelle quali arenarsi, alla fine lo ha portato al mare ed è arrivato qui, vicino a me. Dal vetro della bottiglia, la casa mia, l’ho visto passare e sfiorarmi. Mi ha quasi avvolto, con le sue foglie plumbee spesse e dure, resistenti ai mari e agli anni.

Guarda… Accanto a me, poco lontana dal ramo d’ulivo, un’altra bottiglia: la corrente ci ha portati vicino. Stupito, e meravigliato, l’ho fissata a lungo. Era lì, che scrutava oltre la nebbia che l’appannava e quando poi s’è rischiarata mi ha salutato, e mi ha sorriso. Le ho fatto ciao con la mano e mi ha risposto, e un calore dimenticato mi ha carezzato e abbracciato. Allora l’ho salutata due volte, poi tre, e credo che sembrassi una marionetta al gabbiano che ci volava sopra in cerca di qualcosa di vivo da mangiare. E lei anche, in risposta, ha cominciato a salutarmi, a farmi cenni, ma non capivo cosa volesse dirmi, salvo il fatto che voleva comunicare con me. Ma come? Ci sorridemmo e cominciò lei mostrandomi come fare la A. E quindi fui io a dirle la B. Annuiva energicamente, il volto intento, corrugato e pensieroso, e mi mostrò la C. Non la capii, sulle prime, ma poi, riflettendo, compresi. Mi sbracciai ancora , per quanto lo stretto spazio della bottiglia me lo permettesse e le proposi la D. Non fu semplice, aveva forse un’altra idea di D in mente ma, alla fine, riuscimmo a intenderci. Appoggiammo le mani ai vetri, entrambi. Non ci potevamo toccare ma la sentivo vicina, quasi che le bottiglie non esistessero, non fossero più una barriera. E allora fu lei a cominciare con la E, ma non era una lettera facile. Mi sforzavo di capire cosa volesse dire, ma ogni volta che mi sembrava di avere afferrato il significato, ecco che mi sfuggiva. E’ così? – gesticolavo - O invece in quest’altro modo? E lei assentiva o diniegava ad ogni mio tentativo, cercando di farmi cogliere il senso di quella lettera. Mi parve, alla fine, di aver, se non compreso, almeno intuito il significato delle sue parole quando il mare s’ingrossò ancora. Ritornò la spuma, dapprima delicata, quasi una coroncina alle onde, poi sempre più prepotente, a mangiarsi il blu e l’azzurro. Si formarono le onde, timide all’inizio, poi sempre più pronunciate fino a diventare alte, altissime. E fui sballottolato ancora di qua e di là, giù e su.

La burrasca è cessata. E’ ritornato il blu senza fine e il bianco, ancora, si limita a qualche nuvoletta in cielo. Le acque si vanno calmando, ma non vedo il ramo d’ulivo e l’altra bottiglia è stata trascinata altrove, dalle sue correnti.

Navigazione tranquilla, oggi. Le mie correnti mi portano verso il sole che tramonta, verso ovest. Mi guardo attorno e la cerco, mi sporgo, per quello che mi è consentito, ma proprio non la vedo. Non credo di aver capito bene la E, e non credo che la capirò più. Nient’altro da segnalare.





Scritto ascoltando un antico disco di Tom Kazas che non suonavo da lustri. Cercavo un’atmosfera eterea, calma e un po’ malinconica che desse il la a questo raccontino. Sulla mia pagina di Facebook alcuni link.

Pubblicato su La poesia e lo spirito





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